Negli ultimi settant’anni abbiamo ingaggiato una guerra all’ultimo sangue contro i batteri patogeni, impiegando una enorme quantità di antibiotici che hanno salvato milioni di vite in tutto il mondo.
I patogeni sono microrganismi che fanno ammalare; vengono solitamente chiamati germi, e provocano febbre, brividi, dolori e altri disturbi che inchiodano al letto per giorni e giorni. Possono anche essere mortali, uccidendo più o meno velocemente, in casi isolati o in vere e proprie epidemie.
Dal momento della loro scoperta, circa centocinquanta anni fa, è stato fatto tutto il possibile per sterminarli. Questa battaglia però sembra non avere fine. I batteri infatti mutano in un lampo, e sono diventati resistenti ad alcuni degli antibiotici più efficaci. Ma l’aspetto ancora più preoccupante della guerra contro i patogeni sono le gravi e impreviste conseguenze per la nostra salute e il nostro benessere.
Oggi viviamo in un mondo in cui malattie come asma, diabete, obesità, allergie alimentari, disturbi metabolici e alcuni tipi di cancro sono in costante aumento. Per molti scienziati della nostra epoca il motivo principale è imputabile proprio all’abuso di antibiotici, soprattutto nei bambini.
Fra i sostenitori di questa teoria c’è lo scienziato e medico di fama mondiale Martin J. Blaser che da più di trent’anni dedica le sue ricerche al ruolo dei batteri nelle malattie dell’uomo.
Il professore statunitense – direttore dello Human Microbiome Project e del Dipartimento di Medicina della New York University, oltre che presidente della Infectious Diseases Society of America – ha dedicato a questo argomento un saggio fondamentale intitolato “Che fine hanno fatto i nostri microbi?“, edito in Italia da Aboca Edizioni: un appassionante viaggio nella scienza che esamina la duplice natura dei microbi, che sono, allo stesso tempo, elementi fondamentali per la nostra salute e causa delle principali infezioni.
Contrariamente a ciò che si è soliti pensare, i batteri non rappresentano necessariamente un pericolo. Anzi, spesso i batteri, vivendo in simbiosi con le cellule, rappresentano un alleato prezioso alla salute e alla vita dell’essere umano. L’eliminazione indiscriminata di questi microrganismi ad opera di “auto somministrazioni” o di prescrizioni mediche improprie indebolisce le nostre difese ed espone il corpo a una selezione nefasta dei batteri: più assumiamo antibiotici, più distruggiamo i batteri meno pericolosi e più “aiutiamo” a far proliferare quelli aggressivi.
L’utilizzo eccessivo di questi farmaci, infatti, aumenta la resistenza dei batteri all’antibiotico stesso, imponendo ai ricercatori di “inseguire” microrganismi sempre più sviluppati e pericolosi. La soluzione, però, non è quella di non assumere più antibiotici per il Dott. Blaser: «Non desidero affatto proibirli, chiedo soltanto che vengano utilizzati con maggiore saggezza e che vengano sviluppati degli antidoti ai loro peggiori effetti collaterali. Gli antibiotici, oltre che chiari benefici, hanno anche un costo biologico: influenzano i batteri amici, e tutto ciò che cambia i nostri microbi antichi ha per l’organismo un potenziale costo in termini di salute.»
Chi sono i patogeni che stiamo combattendo
«Il nostro corpo è composto da circa 30.000 miliardi di cellule umane, ma ospita più di 100.000 miliardi di cellule batteriche, i microbi benefici che si sono co-evoluti insieme alla nostra specie.»
I patogeni sono diversi sotto molti aspetti, e in particolare nella loro natura biologica: sono batteri o virus? Producono una tossina che danneggia le nostre cellule senza lasciare il nostro tratto gastrointestinale, come una nave da guerra che bombarda le coste rimanendo al largo? O, come il corpo dei Marine, sbarcano prima sulla costa e poi attaccano?
Potremmo essere tentati di pensare che i patogeni siano intrinsecamente cattivi, ma non lo sono. Proprio come i lupi del Parco nazionale di Yellowstone, sono predatori. Molto spesso, perseguendo la propria sopravvivenza, i patogeni causano danni terribili agli ospiti in cui abitano.
A volte il danno è accidentale, un effetto collaterale dell’attività del patogeno, ma per quelli ben adattati al loro ospite, il danno ha uno scopo preciso. Per esempio, il batterio della tubercolosi fa tossire le persone che ne sono affette, per diffondersi e contagiare nuovi individui.
Allo stesso modo, il virus della rabbia attacca la parte del cervello che presiede il comportamento aggressivo e mordace, e si diffonde attraverso la saliva degli animali infetti.
David Quammen, nel suo libro “Spillover” sulle malattie infettive emergenti, osserva che noi pensiamo ai predatori come a grandi animali che attaccano le loro prede dall’esterno, mentre i patogeni sono piccoli animali che attaccano le loro prede dall’interno. Una descrizione perfettamente calzante.
Alcuni patogeni si introducono semplicemente sotto la pelle attraverso tagli ed escoriazioni. Quando una ferita non viene pulita bene, si può sviluppare un’infezione, di solito curabile; se l’infezione è leggera, bastano il disinfettante e un cerotto; se è più grave, occorre una disinfezione profonda, e a volte bisogna ricorrere agli antibiotici. Questo tipo di patogeni non si trasmette quasi mai ad altre persone.
Anche organismi che di solito non sono fortemente patogeni possono sviluppare livelli di virulenza straordinari e uccidere in breve tempo individui robusti e sani. Quasi tutti ospitiamo nell’intestino l’Escherichia coli, e gran parte dei suoi ceppi è del tutto innocua.
Nel 2011, però, in Germania c’è stata una vera epidemia di infezioni causata dall’ingestione di germogli infetti. Almeno due ceppi di Escherichia coli si erano scambiati materiale genetico, producendo un organismo estremamente virulento che ha infettato più di 4.000 persone, ha lesionato i reni di 800 di loro, in taluni casi in maniera permanente, e ne ha uccise 50.
Quali (e quanti) sono i patogeni umani
Le malattie contagiose sono causate da microrganismi che colonizzano il nostro corpo e si moltiplicano in modo incontrollato. Possono essere i virus dell’influenza, i batteri della pertosse, i funghi che crescono nel cavo orale, o i protisti, una varietà di organismi unicellulari autonomi e autosufficienti, come l’ameba, che provoca dissenteria e dissenteria emorragica.
I patogeni umani attualmente riconosciuti sono oltre 1.400 e possono essere più o meno virulenti. La Rickettsia, responsabile della febbre maculosa, è un patogeno ad alto grado di virulenza, mentre i microrganismi all’origine delle malattie polmonari croniche lo sono meno: fanno ammalare chi ha già problemi di salute, ma difficilmente passano a persone del tutto sane.
Sappiamo che tutti i microbi delle malattie infettive arrivano a noi dai primati (ordine di mammiferi i cui embrioni sono nutriti con la placenta, cui appartengono l’uomo, le scimmie e le proscimmie), dagli animali domestici, o da altre fonti sempre più pericolose, come gli animali selvatici. Alcuni sono “saltati” dagli animali all’uomo talmente tanto tempo fa che non ne conosciamo le origini, mentre per altri è possibile risalirvi: la peste dalle pulci dei roditori, la rabbia dai pipistrelli, l’influenza dagli uccelli, il morbo di Lyme sempre dai roditori, ma attraverso le zecche.
Fra i patogeni più pericolosi ci sono virus incontrollabili apparsi solo di recente: Ebola, S.A.R.S., Hantavirus, Virus di Marburg, Virus dell’influenza aviaria e suina. Sono praticamente impossibili da sradicare, perché in moltissimi modi l’uomo viene a contatto con gli animali in cui essi vivono. E la situazione si complica anche di più quando, nella trasmissione della malattia, sono coinvolti vettori intermedi, come le zanzare per la malaria.
Le epidemie patogene
Alcuni dei patogeni umani che prosperano di più non hanno più bisogno del loro originale serbatoio animale. Basti pensare ai virus del vaiolo, della poliomielite e del morbillo, che a qualche stadio del loro sviluppo si sono evoluti, specializzandosi negli umani; colpendo solo noi, possono quindi essere eliminati definitivamente, come è successo per esempio al vaiolo.
Non sempre però questo accade: uno dei più potenti patogeni degli ultimi tempi, l’HIV, passato all’uomo dagli scimpanzé, si trasmette ora tra due persone attraverso rapporti sessuali o sangue infetto. Nato da eventi casuali, conta a oggi 37,9 milioni di casi nel mondo. Stiamo creando le condizioni favorevoli per la diffusione di altri microbi pandemici grazie alla combinazione di due fattori: la maggiore accessibilità agli spostamenti globali e l’abbassamento delle nostre difese.
Le piccole comunità isolate oggi non esistono più, o sono soltanto una rarissima eccezione. Le popolazioni sono aumentate vertiginosamente, commercio e viaggi non hanno limiti o confini e le città sono sempre più affollate: tutte condizioni fertili per far prosperare le malattie contagiose.
Il morbillo è un esempio noto per illustrare il funzionamento delle cosiddette malattie da affollamento. Le epidemie di solito procedono per ondate e si diffondono velocemente da una persona all’altra fino a che la quasi totalità della popolazione non vi è stata esposta. In breve tempo, si sopravvive o si soccombe. Nel caso del morbillo, i sopravvissuti sviluppano gli anticorpi e rimangono immunizzati per il resto della vita. Causato dal Morbilli Virus, il morbillo è la malattia conosciuta più contagiosa per l’uomo, con un tasso di infezione maggiore al 95%. In confronto, un nuovo ceppo di influenza può infettare da un terzo a una metà di quelli che vi vengono in contatto per la prima volta.
Affinché il morbillo sopravviva, deve incontrare una nuova persona vulnerabile ogni una o due settimane. Ha quindi bisogno di nuove vittime con incredibile regolarità. Di fatto, il morbillo può sussistere solo se vi è una popolazione umana contigua di 500.000 persone. In queste condizioni, un tasso di natalità del 3% fornisce ogni anno 15.000 bambini a rischio di contagio, garantendo al morbillo la possibilità di trasmettersi anno dopo anno. Solo negli ultimi 10.000 anni, però, abbiamo avuto popolazioni contigue di 500.000 persone, e le epidemie che comportano. Forse, nella preistoria, il morbillo è passato dagli animali agli uomini più di una volta, ma, senza una popolazione sufficientemente numerosa, è poi scomparso.
Autore
Martin J. Blaser dedica le sue ricerche al ruolo dei batteri nelle malattie umane da più di trent’anni. È direttore dello Human Microbiome Project, dirige il dipartimento di Medicina della New York University ed è Presidente della Infectious Diseases Society of America. Cofondatore della “Bellevue Literary Review” i suoi articoli sono apparsi su prestigiose riviste come: “The New Yorker”, “Nature”, “The New York Times”, “The Economist”, “The Washington Post” e “The Wall Street Journal”.