C’è un progetto, finanziato dalla Commissione Europea, che è partito dalle tartarughe per analizzare quale sia il reale impatto della plastica sulla fauna marina. Si chiama INDICIT, e i suoi risultati finali saranno pubblicati prossimamente. Intanto però sono stati resi noti alcuni dati, dai quali emerge che 804 dei 1.316 esemplari di Caretta Caretta (la tartaruga marina più comune del Mar Mediterraneo) analizzati ha ingerito oggetti di plastica, principalmente “usa e getta”. Una percentuale altissima (il 58,2 %) ha riportato residui nell’apparato digerente e nelle feci.
Lo studio mostra inoltre quanto gli oggetti di plastica si spostino da un mare all’altro per mezzo delle correnti marine, percorrendo anche grandi distanze. Basti pensare che nello stomaco di alcune tartarughe spiaggiate in Italia è stato rinvenuto l’involucro di uno snack francese, insieme a cannucce, tappi, lenze e ami.
La plastica sta uccidendo gli ecosistemi e ha effetti negativi sulla nostra salute. La ingeriamo mangiando il pesce, aggiungendo il sale alle pietanze, o consumando tanti altri prodotti alimentari.
Senza contare che piccolissime particelle di plastica sono contenute in diversi cosmetici e prodotti per l’igiene personale e vengono dunque quotidianamente in contatto con il nostro corpo. Il tema delle microplastiche è divenuto talmente rilevante che il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente ha dedicato un’intera settimana del 2019, dall’11 al 17 novembre, alla sensibilizzazione dei consumatori in relazione ai saponi detergenti.
Le sostanze dannose rilasciate dalla plastica
La plastica rilascia sostanze pericolose per la salute. Fra queste alcuni interferenti endocrini, che hanno la capacità di interferire con il funzionamento del nostro sistema endocrino. Colpiscono soprattutto nelle fasi più delicate della vita: la riproduzione e l’infanzia.
L’esposizione a interferenti endocrini ambientali (la plastica non è l’unica fonte, ci sono anche i pesticidi o i processi di combustione) è una delle cause più importanti dell’infertilità maschile, problema sempre più drammatico nei Paesi occidentali. Non solo.
Gli interferenti endocrini incrementano le probabilità di tumore al testicolo e al seno (per quest’ultimo si registra un aumento dell’incidenza e l’abbassamento dell’età delle donne colpite). Inoltre possono causare ritardi nello sviluppo neurologico, interferenze con la salute riproduttiva maschile (anomalie dello sviluppo dell’apparato genitale, riduzione della qualità dello sperma, seminomi, etc) e femminile (endometriosi, fibromi uterini, aumentata abortività, parti prematuri, etc), disturbi metabolici (obesità e diabete tipo 2) e altri tipi di cancro.
Sono infine stati correlati anche a patologie della pubertà e della menopausa.
Primo passo: evitare bottigliette e imballaggi in plastica
Il consumo crescente di acqua minerale in bottiglie di plastica, di alimenti e bevande confezionati in PET (un tipo di plastica) e di salse, oli vegetali, birre (etc) in scatole di latta rivestite con la plastica espone a significative concentrazioni di interferenti endocrini, oltre a danneggiare tutti gli ecosistemi.
Le acque imbottigliate, a causa della lunga permanenza nei magazzini (anche molti mesi) e/o dell’esposizione alla luce solare e al calore possono andare incontro a una modifica della loro composizione, attraverso il fenomeno della cessione di sostanze tossiche dalla plastica. I primi composti di cessione trovati nelle acque imbottigliate sono stati l’acetaldeide e la formaldeide, composti mutageni e cancerogeni.
Sono state individuate anche molte altre sostanze potenzialmente pericolose per la salute come gli ftalati (interferenti endocrini cassociati al cancro al seno e, in virtù della loro azione antiandrogena, alle malformazioni dell’apparato genitale maschile) e alcuni metalli pesanti, tra cui l’antimonio (anch’esso cancerogeno e mutageno) che viene ceduto in quantità più elevate con l’aumentare del tempo di permanenza e della temperatura.
Assumendo quotidianamente questo tipo di sostanze e da più fonti da più fonti, il risultato è solo uno: un’esposizione cronica a miscele di composti potenzialmente tossici.
Per far fronte a questa “emergenza plastica” la raccolta differenziata non basta (ad oggi il riciclo è pari solo al 43% dell’immesso al consumo), e la quantità complessiva degli imballaggi aumenta costantemente. Molto potrà fare il Governo emanando una legge che vieti almeno il monouso, nell’attesa, ciascuno di noi può e deve fare di più per tutelare la nostra salute e gli ecosistemi.
Comportamenti consapevoli:
- Non comprare prodotti imballati con la plastica: in tutta Italia esistono ormai numerosi negozi di prodotti sfusi, dove portare direttamente contenitori di vetro da riempire.
- Preferire sempre prodotti freschi e di stagione; se si opta per frutta e verdura in scatola, meglio risciacquarle prima del consumo.
- Dismettere i recipienti in plastica degradata e lasciare che i liquidi caldi si raffreddino prima di travasarli in contenitori di plastica non destinati all’uso ad alte temperature.
- Lavare in lavastoviglie i contenitori in plastica solo se idonei alle alte temperature.
- Sostituire le pentole e le padelle in teflon non appena rigate o danneggiate.
- Eliminare completamente oggetti “usa e getta” (bicchieri, piatti e stoviglie di plastica, alluminio o pellicola per alimenti).
- Bere l’acqua del rubinetto al posto di quella imbottigliata: l’acqua condottata è sottoposta a controlli più frequenti rispetto a quella in bottiglia, e talvolta ha una composizione migliore. Inoltre si possono comprare apparecchi specifici a costi contenuti per eliminare i residui grossolani e il cloro. È anche possibile chiedere ai Sindaci l’installazione di punti di distribuzione di acqua potabile ad uso pubblico.
- Leggere bene le etichette dei prodotti cosmetici e igienici: dal dentifricio ai cotton fioc, dagli scrub ai filtri solari. Polyethylene (PE), Polymethyl methacrylate (PMMA), Nylon, Polyethylene terephthalate (PET), Polypropylene (PP) sono esempi di microplastiche che possono trovarsi all’interno di essi.
- Ridurre i consumi superflui di prodotti per le pulizie domestiche. Anche in questo caso, è consigliato acquistare quanto più possibile prodotti alla spina e utilizzare sostanze naturali (aceto, sale grosso, acqua con amidi).
- Preferire tessuti di cotone, lana e fibre naturali, evitando indumenti con inserti di plastica. I vestiti sintetici rilasciano microplastiche durante i lavaggi, contribuendo all’inquinamento degli ecosistemi.
Articolo a cura di:
- Dott.ssa Maria Grazia Petronio, Dirigente Medico in igiene pubblica, ISDE Italia.
- Dott.ssa Erica De Vita, Medico in formazione specialistica in Igiene e Medicina Preventiva, ISDE Pisa.
Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia
Altre fonti consultate:
- Gestione delle risorse idriche in Italia, Società Editrice Universo, Roma, 2013