Tra le strutture del corpo umano, l’apparato respiratorio è quello con la maggiore predisposizione alle malattie infiammatorie, per la sua diretta esposizione agli agenti esterni e le sue caratteristiche funzionali. Un adulto inala giornalmente dai 18 ai 20.000 litri di aria con gli atti respiratori.
Le prime vie aeree rappresentano la prima linea di difesa nei confronti di batteri, virus e altre sostanze aggressive disperse nell’ambiente in cui si vive.
Molte flogosi (infiammazioni) delle vie aeree hanno come manifestazione iniziale l’interessamento di un singolo organo; si possono dunque avere riniti, faringiti, laringiti, tracheiti. La continuità anatomica dell’apparato respiratorio nella parte alta è comunemente responsabile dell’infiammazione dell’intero tratto; per questo si parla di sindrome rino – bronchiale (SRB), paradigmatica delle cosiddette malattie da raffreddamento.
Tuttavia, sembra ormai certo che quando c’è una infiammazione delle alte vie respiratorie anche le basse vie sono interessate dal processo, seppur meno intensamente, e questo spiega perché la tosse sia uno dei sintomi più frequenti, fastidiosi e di più lunga durata. La flogosi delle mucose respiratorie può diventare un fertile terreno di coltura per batteri e virus. Questi microrganismi, normalmente respinti dalle difese naturali della mucosa integra, possono esprimere la loro patogenicità (capacità di un microrganismo di indurre una malattia all’interno di un altro microrganismo), trasformando un’infiammazione in un processo infettivo che aggrava la sintomatologia di base, richiedendo specifici interventi di terapia. L’abitudine al fumo è senza dubbio uno dei più importanti fattori favorenti le flogosi delle prime vie aeree.
Anche l’inquinamento atmosferico concorre alla lesione delle mucose, poiché la sua natura chimico-fisica è simile, pur se in concentrazioni decisamente minori, a quella del fumo di sigaretta.
Un altro fattore predisponente è quello climatico. Sono a tal proposito importanti il soggiorno e l’esposizione prolungata ai climi freddi, i repentini sbalzi di temperatura, l’elevata umidità relativa dell’aria, l’eccessiva disidratazione dell’aria degli ambienti riscaldati artificialmente.
Tutti questi fattori “predisponenti” possono provocare l’infiammazione della mucosa delle prime vie aeree con lesioni delle cellule epiteliali di rivestimento, oltre a ipersecrezione di muco, alterazione o interruzione del meccanismo di depurazione muco ciliare (clearance muco-ciliare), con tutti i sintomi specifici dell’organo colpito.
I quadri clinici evolutivi delle patologie respiratorie trovano dunque una importante via comune che risiede nei fenomeni infiammatori. La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), il cancro del polmone e la fibrosi sono sempre più connessi a esposizioni inquinanti persistenti. Tra questi la BPCO è caratterizzata da un’ostruzione irreversibile delle vie aeree, di entità variabile, a seconda della gravità. È solitamente progressiva ed è associata ad uno stato di infiammazione cronica del tessuto polmonare che causa una riduzione consistente della capacità respiratoria. L’occlusione persistente delle vie aeree nella BPCO è dovuta a enfisema (malattia polmonare caratterizzata dalla progressiva distruzione, dilatazione e perdita di elasticità degli alveoli, le strutture a forma di sacchetto dove avvengono gli scambi gassosi tra il sangue e l’aria che respiriamo) e/o bronchite cronica e si manifesta con tosse e respiro affannoso. Molti studi di tipo molecolare, sia in vivo che in vitro, hanno evidenziato come le sostanze inquinanti causino stress ossidativo (insieme delle alterazioni che si producono in cellule e tessuti quando queste sono esposte ad un eccesso di sostanze in grado di cedere ossigeno, cioè sostanze ossidanti), alterazione della risposta infiammatoria, produzioni incontrollate di muco, alterazioni chimico fisiche dei fluidi cellulari e interstiziali (fra le cellule), lesioni dell’integrità di barriera degli epiteli delle vie aeree.
Molte sostanze inquinanti sono presenti nello smog sia sotto forma di gas (ossidi di azoto, ozono, anidride solforosa, liquidi volatili, acetone, acido acetico, acido cloridrico, difenileteri polibromurati), che di particelle che si originano dai processi di combustione (traffico veicolare, processi industriali, produzione di energia elettrica, riscaldamento domestico, biomasse, incenerimento dei rifiuti). In particolare, le PM (particolato, una miscela di particelle solide. La cifra che segue indica il diametro massimo delle particelle) 2,5, le PM 10, le PM 1 o inferiori (ultrasottili) sono molto più insidiose, perché una volta giunte negli alveoli per via respiratoria, penetrano nel sangue dove si distribuiscono rapidamente in organi e tessuti.
Il peggioramento della qualità dell’aria che respiriamo comporta quindi un aumento generale dei problemi di salute (soprattutto nei soggetti più deboli, come i bambini e gli anziani) e una maggiore incidenza di malattie cardiocircolatorie, patologie respiratorie e tumori.
Le alte concentrazioni di smog con cui quotidianamente conviviamo rappresentano, come detto, un vero e proprio induttore e moltiplicatore di malattie.
Agli epidemiologi non è sfuggita la possibile relazione tra lo smog e lo sviluppo della pandemia da CoViD-19. Dai primi studi pare che tra loro vi sia una correlazione positiva, cioè tanto maggiore è il tasso di inquinamento, tanto più elevate sono le conseguenze della malattia infettiva, senza peraltro potere affermare che uno dei fattori possa essere indicato come causa dell’altro.
Si ammette tuttavia la possibilità che nelle aree a maggior inquinamento la popolazione sia cronicamente esposta a un’infiammazione degli epiteli degli organi delle vie respiratorie tale da giustificare una maggiore prevalenza dell’infezione, specie nelle persone anziane che hanno co-morbilità (presenza contemporanea nello stesso soggetto di due o più malattie) diverse. L’ipotesi sembra ragionevole, giacché il fenomeno riguarda aree più inquinate e densamente popolate.
Un’altra patologia infiammatoria delle vie respiratorie è rappresentata dall’asma bronchiale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, tra l’11 e il 14 per cento dei bambini di cinque anni o più, nel mondo, soffre d’asma: in molti casi questi sintomi sono direttamente collegati all’inquinamento dell’aria o domestico, al fumo passivo, al polline o a condizioni malsane di umidità unite a propagazione di muffe.
Ha destato molta impressione una recente sentenza emessa da una corte londinese che sulla base di un giudizio medico legale, dopo due settimane di udienze ha per la prima volta riconosciuto l’inquinamento da smog come causa di “contributo materiale alla morte” di una bambina di nove anni di età. La bimba viveva con i genitori a circa 30 metri da una tangenziale ad alto traffico a sud di Londra. In tre anni aveva subìto 27 ricoveri in ospedale per attacchi subentranti di asma, l’ultimo dei quali risultato fatale. Durante il procedimento i genitori hanno dichiarato di non essere mai stati messi al corrente dei pericoli rappresentati dall’inquinamento per la salute della loro figlia. Nel verdetto si legge che la bimba «morì di asma a cui aveva contribuito l’esposizione ad un eccessivo inquinamento dell’aria». L’incapacità delle autorità di ridurre i livelli di biossido di azoto (NO2), un gas altamente tossico generato dai processi di combustione – in particolare dalle emissioni diesel – e la mancanza di informazioni sugli effetti deleteri di questi inquinanti fornite alla madre della bambina furono elementi determinanti per il decesso.
Secondo il Guardian, che nel 2017 condusse un’inchiesta al riguardo, nel Regno Unito sono più di 2.000 le scuole e gli asili che si troverebbero esposti a livelli preoccupanti di emissioni diesel. Spesso sono le famiglie più povere ad avere la maggiore probabilità di respirare agenti inquinanti. Il verdetto assume una grande importanza, sia per gli aspetti sanitari e le sue correlazioni ambientali, sia per aprire finalmente un dibattito sulle disuguaglianze economiche e sociali, anche rispetto al diritto alla salute.
La lotta all’inquinamento atmosferico è da tempo una priorità per tutti i Paesi (non solo quelli industrializzati) poiché rappresenta la principale causa di surriscaldamento del pianeta, le cui conseguenze minacciano non solo l’ambiente, ma soprattutto la salute.
Autore: Dottor Giuseppe Miserotti
Medico di medicina generale esperto in medicina ambientale con riferimento alla correlazione tra inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo e della catena alimentare e la salute umana. Relatore a diversi convegni sui rapporti tra salute, CEM (campi elettromagnetici), energia nucleare, effetti sanitari dell’eolico, inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo e cambiamenti climatici. Ha svolto funzioni di CTU del giudice di pace sui CEM. Relatore a corsi di formazione su temi ambientali e patologie correlate. Autore di articoli e pubblicazioni su tematiche ambientali in rapporto alla salute. Membro della Commissione ambiente, lavoro, professione e sviluppo economico della FNOMCeO. Componente della Giunta Esecutiva nazionale di ISDE (International Society of Doctors for Environment) e Presidente regionale per l’Emilia-Romagna.
Riferimenti bibliografici:
- Inheriting a sustainable world: The atlas on children’s health and the environment, (second edition) March 2017, WHO.
- Thousands of British children exposed to illegal levels of air pollution, The Guardian, 4 April 2017.
- Almanacco della scienza IRIB -CNR n.11, 6 novembre 2019.
- Marieb, Keller. Il corpo umano terza edizione Zanichelli, 2018.
- Inquinamento ambientale e salute. Per una medicina responsabile di A. Di Ciaula, V. Murgia, M. G. Petronio – 2019 – Aboca Ed.