«Non possiamo più tornare alla normalità. Dobbiamo andare avanti, muoverci verso un mondo completamente nuovo e diverso. Un mondo che ci permetta di sposare il verde e l’energia sostenibile, in modo che tutti possano vivere in uguaglianza, con un livello di salute migliore, e con la sicurezza del Pianeta».
Parola di Jane Fonda, ospite recentemente alla trasmissione “Che tempo che fa” per presentare il suo ultimo libro “Salviamo il nostro futuro!”, pubblicato in Italia da Aboca Edizioni. Icona del cinema mondiale, vincitrice di due Oscar e un Emmy, l’attrice americana è anche una delle attiviste più stimolanti del nostro tempo.
Ribattezzata la “pasionaria” di Hollywood, dagli anni ’60 non ha mai smesso di combattere le ingiustizie verso le persone e l’ambiente: dalla guerra in Vietnam ai grandi temi del femminismo, fino ai Fire Drill Fridays , i venerdì di protesta contro i cambiamenti climatici a cui ha dato vita nel 2019, guidando da allora migliaia di persone in manifestazioni di disobbedienza civile non-violenta durante le quali Jane è stata anche arrestata (l’ultima volta nel giorno del suo 82esimo compleanno).
Arrivato nelle librerie lo scorso 8 ottobre, il lavoro della storica interprete di “A piedi nudi nel parco” è un autentico manifesto su cosa voglia dire impegnarsi per il futuro del mondo e delle generazioni a venire. Un volume narrativo e biografico nel quale intreccia il suo viaggio personale con le testimonianze di esperti, ambientalisti, attivisti che si sono uniti alla sua lotta. Fonda analizza in profondità le questioni cruciali del nostro tempo: la condizione degli oceani e la scarsità dell’acqua, la necessità di leadership femminile, i migranti, i diritti umani, gli effetti della guerra e del militarismo sul clima, la plastica, l’agricoltura sostenibile.
Tutte tematiche profondamente legate tra loro e che evidenziano come la situazione che stiamo affrontando non sia soltanto un’emergenza climatica, ma una «crisi empatica e di disuguaglianza» in cui le conseguenze negative dell’inquinamento si riflettono su precisi contesti razziali, economici, di genere e di potere.
«Ci troviamo di fronte all’ultima occasione nella Storia per cambiare le cose e salvare un numero inimmaginabile di vite e di specie. Non è solo l’ecosistema della Terra che si sta sgretolando, ma tutto il nostro tessuto sociale. Portiamo sulle nostre spalle la responsabilità di un’intera civiltà. È troppo tardi per essere moderati, dobbiamo agire subito!»
Salute e cambiamento climatico
Molti ignorano il legame tra crisi sanitaria e crisi climatica. Non collegano al clima la comparsa di nuove malattie, l’aumento dei disturbi respiratori, del cancro e di altre malattie che mettono alla prova il sistema sanitario dei Paesi di tutto il mondo.
Il riscaldamento globale favorisce la diffusione di zanzare, zecche, roditori e altri vettori di malattie, portando la dengue, l’encefalite, la febbre gialla e la zika in luoghi in cui prima non esistevano. Le inondazioni, contaminando cibo e acqua, causano un’impennata di malattie legate alla presenza di roditori. E l’impatto sulla salute umana si prolunga anche oltre la fine dell’emergenza.
L’inquinamento dell’aria, aggravato dal riscaldamento globale, ha causato due milioni di morti in tutto il mondo per cancro ai polmoni, malattie cardiovascolari, asma e allergie. L’OMS stima che il 93% dei bambini sotto i 15 anni respira quotidianamente aria inquinata al punto da mettere a rischio la salute e lo sviluppo psicofisico. È una situazione inaccettabile, e se i sistemi sanitari a livello globale non sono equipaggiati a gestire l’esistente, figuriamoci ciò che ci aspetta.
I dati su clima e salute arrivano alla conclusione che saranno sempre di più le persone destinate a subire danni fisici, che ci sarà un aumento di casi di ictus, infarti e nascite premature, che i raccolti andranno perduti e si rischierà una carestia di massa che ingrosserà le fila dei rifugiati.
Il nostro corpo, d’altronde, vive in una comunione perfetta con l’ambiente che lo circonda. Ma questa comunione, oggi, incide gravemente sul nostro benessere fisico. Più alto è il livello di inquinamento, più concreto è il rischio di ammalarsi, come ha spiegato bene la dottoressa e biologa Sandra Steingraber: «Siamo composti per il 65% di acqua: il plasma nel nostro sangue, le lacrime, il latte materno sono gocce di pioggia, acqua di falda. In questo senso, siamo parte del ciclo dell’acqua. A ogni respiro in noi entra circa mezzo litro di atmosfera, che è composta per il 20 per cento di ossigeno. E l’ossigeno viene per metà dagli alberi, e per metà dal plancton presente negli oceani: sono le uniche fonti che abbiamo sul nostro pianeta».
Le conseguenze sanitarie del fracking
La crisi sanitaria comincia nell’istante stesso in cui una trivella raggiunge le rocce del sottosuolo. Ci sono tre tipi di combustibili: carbone, petrolio e gas naturale. Una ben poco santa trinità. “Inquinamento dell’aria” è solo un altro modo per definire i sottoprodotti della combustione degli idrocarburi. Sono centomila i soli americani che ogni anno muoiono per inquinamento, praticamente 274 funerali al giorno. Ben 1.800 studi dimostrano che il fracking (fratturazione idraulica), al momento il metodo più diffuso per estrarre quegli elementi dal terreno, danneggia la nostra salute e che le persone di colore e le comunità più povere sono le prime a esserne colpite e a subirne le conseguenze peggiori.
Difetti congeniti, leucemia infantile, infarto, ictus, nascite premature: il fracking è tra le principali cause di malattie per i nascituri. I centri abitati vicini a un sito di estrazione di petrolio o gas hanno un rischio più elevato di mortalità infantile e disabilità. Se si è incinta e si abita in questi posti, i propri figli sono in pericolo. Confrontando i dati di 1,1 milioni di neonati della Pennsylvania, si può concludere che quelli nati da madri che vivono in prossimità di siti di fracking hanno più problemi di salute e pesano meno alla nascita. Uno studio recente ha rilevato in tali luoghi concentrazioni elevate di bario e stronzio, due metalli pesanti che si trovano nel sostrato roccioso e che vengono liberati con la fratturazione idraulica del terreno per estrarre petrolio e gas.
Questi stessi metalli sono stati trovati nelle urine e nei campioni di capelli di donne native che vivono in siti di fracking del British Columbia nordoccidentale. Si tratta di sostanze nocive per i bambini. In altre parole, qui le donne sono esposte a veleni che possono compromettere la gravidanza.
C’è poi il concreto rischio di sviluppare più facilmente il sarcoma di Ewing: una rara forma di cancro infantile alle ossa rilevata da una indagine in 27 casi concentrati in quattro zone di fracking della Pennsylvania sudoccidentale. Per rendere l’idea della pericolosità, questa forma tumorale di solito conta appena 250 casi all’anno in tutta l’America.
Ansia da clima
Ma il cambiamento climatico influisce anche sulla salute mentale. La scienziata Katharine Hayhoe ha detto: «Dobbiamo renderci conto che ciò che sta accadendo non è tanto un pericolo per il nostro pianeta, che continuerà a orbitare attorno al sole come prima, ma per noi. È un pensiero spaventoso, ed è l’origine dell’aumento dei casi di ansia. Gli psicologi hanno anche trovato un nome per questo disturbo: “ansia da clima”».
Una conseguenza è il profondo senso di perdita e di lutto che ci coglie quando i luoghi in cui siamo cresciuti cambiano davanti ai nostri occhi. Una paura che può divenire paralizzante, e a cui dobbiamo contrapporre la speranza.
Serve, insomma, poter immaginare un futuro migliore. E per riuscire a farlo, Jane Fonda non ha dubbi: bisogna agire, collettivamente e in prima persona.
«Sono un’attivista da tanti anni, e mi è successo più volte che, quando mi sento preda della disperazione, mi basta entrare a far parte di un gruppo e agire perché l’angoscia scompaia. Non appena mi sono impegnata con tutta me stessa al fianco di esperti, di persone brillanti e piene di poesia, la tristezza è svanita. Attivismo e comunità. L’attivismo ci permette di creare una comunità: è questo l’antidoto alla disperazione».
Cosa possiamo fare
I consigli di Jane Fonda per salvare insieme il nostro futuro.
- Prendiamoci cura della nostra salute ed esortiamo i nostri cari a fare lo stesso. Il clima sta cambiando, ciò significa che affronteremo ondate di calore sempre più prolungate e intense, e saremo sempre più esposti alle malattie trasmesse da vettori (organismi viventi come zanzare, zecche, che trasmettono un agente infettivo da un animale infetto all’uomo o ad un altro animale). Usiamo creme solari a base di minerali che rispettano la vita degli oceani; beviamo tanta acqua, laviamoci le mani spesso con il sapone e, a meno che non sia strettamente necessario, evitiamo di usare detergenti antibatterici che uccidono anche i batteri buoni.
- Sforziamoci di conoscere i nostri vicini di casa. Gli anziani e le persone immunodepresse corrono i rischi maggiori in caso di ondate di calore o altri eventi atmosferici estremi: assicuriamoci che abbiano cibo, acqua, medicine e un piano di emergenza se avessero bisogno di un intervento medico o di essere evacuati.
- Partecipiamo a iniziative collettive all’interno della nostra comunità: uniamoci a organizzazioni che «condividono i nostri valori e possono amplificare la nostra voce», per citare la dottoressa Katharine Hayhoe.
- Un’altra cosa fondamentale che possiamo fare è non smettere mai di richiamare i politici alle loro responsabilità sul tema del cambiamento climatico.
«Da giovane pensavo che l’attivismo fosse come i cento metri, e mi davo da fare giorno e notte sperando che le cose cambiassero in fretta. Da grande ho imparato che è una maratona, e ho rallentato il passo. A ottantadue anni ho capito che non è come i cento metri, e nemmeno come una maratona: è una staffetta. La cosa più importante che possiamo fare oggi noi adulti è affiancare e sostenere le nuove generazioni di ambientalisti pronti a prendere le redini del movimento. Questo libro è dedicato a loro».
L’autrice
Jane Fonda, celebrata e amatissima attrice, icona del cinema americano, vincitrice di due Oscar e un Emmy,è anche un’importante attivista politica. Fa parte dei consigli di amministrazione di V-Day: Until the Violence Stops, Women’s Media Center (che ha co-fondato nel 2004), Georgia Campaign for Adolescent Power & Potential, e Homeboy Industries. Vive a Los Angeles.